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19 LUGLIO 2011 - CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE TERZA, NR.4360 DEL 19 LUGLIO 2011

INFORMATIVA ANTIMAFIA EX ART.4 D.L.VO 490/1994 - INFORMATIVA RIGUARDANTE EVENTUALI TENTATIVI DI INFILTRAZIONI MAFIOSE TENDENTI A CONDIZIONARE LE SCELTE DEGLI INDIRIZZI DELEL SOCIETA' O IMPRESE INTERESSATE - L’informativa in questione, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste; l’insieme degli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione ad uno specifico quadro indiziario nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri; l’informativa non obbedisce a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale risultano rilevanti anche fatti e vicende solo sintomatiche o indiziarie, al di là della individuazione delle responsabilità penali;  lo scrutinio demandato al giudice amministrativo deve essere condotto in sintonia al principio del “tempus regit actum”, posto che l’informativa “fotografa” la situazione corrente alla data della richiesta e all’adozione del relativo provvedimento.

 

  

N. 04360/2011REG.PROV.COLL.

N. 04116/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 4116 del 2011, proposto da:
SAFAB s.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Carbone, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, viale Regina Margherita 290;

contro

Ministero dell'Interno, U.T.G. – Prefettura Roma, Anas s.p.a., rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

nei confronti di

Siciliacque s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Astone, Giovanni Pitruzzella, Alberto Stagno D'Alcontres, con domicilio eletto presso Giovanni Pitruzzella in Roma, via Stoppani 1;
Consorzio di Bonifica 10 Siracusa, non costituito;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
I.G.M. s.r.l. in amministrazione giudiziaria, in persona dell’amministratore giudiziario, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe De Vergottini, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Antonio Bertoloni 44;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA - SEZIONE I TER n. 3885/2011, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO LAVORI PER RIFACIMENTO ACQUEDOTTO - INFORMATIVA ANTIMAFIA - MCP

 


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno, U.T.G. - Prefettura di Roma e Anas s.p.a., e Siciliacque s.p.a;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto il decreto presidenziale, emesso ai sensi degli articoli 56 e 98, comma 1, c.p.a., di respingimento dell’istanza di misura cautelare monocratica;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2011 il Cons. Vittorio Stelo e uditi per le parti gli avvocati Carbone, Caturani su delega di De Vergottini, Manzi su delega di Pitruzzella e l’avvocato dello Stato Vessichelli;

Visto l’articolo 60 c.p.a.;

Considerato che sussistono i presupposti per definire il giudizio nel merito ai sensi della citata disposizione della cui applicabilità è stato dato avviso alle parti presenti alla camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza incidentale di sospensione della sentenza impugnata formulata dall’appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


 

FATTO e DIRITTO

1. La SAFAB s.p.a., cessionaria dalla S.A.F.A.B. s.p.a., con atto notificato il 18 maggio 2011 e depositato il 19 maggio 2011, ha proposto appello, con istanza di sospensione, per la riforma della sentenza n. 3885 del 24 marzo 2011, depositata il 5 maggio 2011, con cui il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Sezione I ter ha respinto il ricorso presentato dalla società stessa avverso le informative antimafia emanate nei suoi confronti dalla Prefettura di Roma (n. 220406, 220617 e 22654 del 23 novembre 2010) e le conseguenti risoluzioni di contratti di appalto disposte, dalle controinteressate ANAS, Siciliacque e Consorzio di Bonifica 10 di Siracusa.

2. Per una migliore comprensione del contenzioso oggi all’esame, giova rammentare che la ex S.A.F.A.B. è stata destinataria di informativa antimafia emessa il 25 novembre 2009, con la quale si informava della sussistenza di elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nei riguardi della medesima società, in ragione dei rapporti intercorsi tra la stessa e tal Sandro Missuto, elemento di spicco dell’organizzazione mafiosa locale e proprietario della I.G.M. s.r.l., della quale la S.A.F.A.B. si era avvalsa per eseguire in subappalto talune prestazioni, fra l’altro, nell’ambito dell’appalto ricevuto da Siciliacque s.p.a.; quest’ultima, in conseguenza della citata informativa antimafia interdittiva , aveva disposto il recesso dal contratto di appalto stipulato il 9 luglio 2008 con la S.A.F.A.B. per la progettazione esecutiva, l’espletamento delle procedure espropriative e l’esecuzione dei lavori per il rifacimento dell’acquedotto Montescuro ovest.

Sempre la S.A.F.A.B., di seguito all’arresto di tre dei propri amministratori e di altro dipendente, ebbe a estromettere i citati amministratori dalla gestione attiva della società stessa e quindi ad avviare una operazione societaria mirata a trasferire ad un Trust la titolarità e la gestione dell’impresa a fine di garantire, anche nei confronti delle Autorità preposte alla sicurezza pubblica, quelle posizioni di terzietà ed autonomia necessarie ad assicurare il proseguimento dell’attività imprenditoriale nelle commesse pubbliche.

Tale obiettivo si è inteso perseguire attraverso il trasferimento del ramo d’azienda del settore dei lavori pubblici in capo ad una nuova società denominata SAFAB s.p.a. (senza punti dell’acronimo), attuale appellante, che è stata, poi, effettivamente e definitivamente, ceduta alla M.D.C. Partecipazioni s.r.l., con socio unico l’ing. De Capoa, operatore del settore dei lavori pubblici; per effetto di tale cessione la nuova SAFAB s.p.a. è subentrata nei rapporti d’appalto correnti con le amministrazioni committenti, e anzitutto con la Siciliacque s.p.a. e con l’ANAS che hanno consentito al subentro.

Il ricorso proposto dalla S.A.F.A.B. avverso la citata informativa antimafia e i conseguenti recessi dai contratti è stato respinto dal T.A.R. Lazio – Sezione I ter, con sentenza n. 3458 del 24 marzo 2011, depositata il 19 aprile 2011, dopo aver svolto, a seguito di ordinanze sospensive emanate dalla I Sezione di questo Consiglio, specifica istruttoria da parte della Prefettura di Roma, che ha poi riferito ritenendo le modifiche medio tempore sopravvenute nella struttura societaria della S.A.F.A.B. s.p.a. e della controllante Gesafin s.p.a. non idonee a scongiurare la permanenza del rischio del condizionamento rappresentato con l’informativa.

3.1. Orbene, le informative antimafia oggetto del presente appello si sono basate sulla continuità tra la vecchia S.A.F.A.B. e la nuova SAFAB, posto che :

- il dott. Mauceri era stato già responsabile amministrativo della vecchia S.A.F.A.B. – poi divenuta Gesafin – ed amministratore unico della nuova SAFAB, ceduta poi alla MDC Partecipazioni s.r.l. – società con socio unico l’ing. Michele De Capoa – sino alle dimissioni in data 29 novembre 2010;

- il dottor Mauceri è stato, sino alle dimissioni del 3 maggio 2010, presidente del collegio sindacale della Società Irrigazione della Piana del Fucino, della quale la Gesafin Immobiliare s.p.a. deteneva il 34,5% del capitale sociale e di cui era amministratore Luigi Masciotta, già titolare con il fratello Ferdinando della vecchia S.A.F.A.B.;

- il dottor Mauceri è stato segretario verbalizzante nell’assemblea ordinaria della vecchia S.A.F.A.B. – oggi Gesafin – del 23 giugno 2010, nel corso della quale il signor Ferdinando Masciotta è stata nominato amministratore unico;

- il dottor Vincenzo Tabellini – già componente del Collegio sindacale della vecchia S.A.F.A.B.- Presidente del Collegio sindacale della nuova SAFAB al momento in cui quest’ultima è stata ceduta alla MDC Partecipazioni s.r.l. ha conservato tale incarico sino al 1° dicembre 2010;

- l ’impresa Mascitti & Figli – destinataria di una interdittiva antimafia da parte della Prefettura dell’Aquila – ha continuato a svolgere fornitura di calcestruzzi cementizi per la nuova SAFAB, nell’ambito dei lavori relativi al collegamento viario tra la piana di Campofelice e l’Altipiano delle Rocche;

- Sandro Missuto, proprietario della IGM s.r.l. ed indagato per il reato di cui all’articolo 416 bis, continuava ad operare in un cantiere della nuova SAFAB.

3.2. Il T.A.R., con la sentenza appellata, dopo la puntuale ricostruzione della vicenda e un’ accurata analisi della normativa e della giurisprudenza in materia, alle quali si fa richiamo, ha ritenuto la legittimità delle informative prefettizie nonché dei recessi dai contratti di lavoro disposti dalle società controinteressate.

È stato evidenziato invero che l’istruttoria svolta dalla Prefettura intimata è stata necessariamente “reiterata a seguito delle citate numerose modifiche societarie che si sono susseguite nel tempo e della relativa documentazione trasmessa dalla società…”.

Se ne poteva dedurre quindi che la vicenda relativa al cambiamento – con riferimento ad un ramo d’azienda – dalla precedente S.A.F.A.B., colpita da interdittiva antimafia in ragione dell’evidenziato “rapporto di natura affaristica tra i fratelli Luigi e Ferdinando Masciotta della predetta società e Missuto Sandro”,alla nuova SAFAB non risultava essere stata lineare e diritta, tanto più se , come affermato nell’ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Caltanissetta, il Missuto è stato ritenuto titolare di uno “stabile rapporto…con la S.A.F.A.B. che sostanzialmente si occupa anche della gestione degli affari della medesima garantendola sul territorio”.

Inoltre, il dipendente ( dal 1983) della vecchia S.A.F.A.B., dr. Agostino Mauceri, responsabile amministrativo della medesima, ha assunto nella nuova SAFAB s.p.a. il ruolo determinante di amministratore unico.

Quanto al signor Sandro Missuto, proprietario della IGM, subappaltatrice dei lavori nell’ambito della commessa Siciliacque s.p.a., si soggiunge che se è vero che lo stesso è stato autorizzato, da parte del GIP del Tribunale di Caltanisetta, per due volte a prestare la sua attività lavorativa alle dipendenze della IGM presso il cantiere della nuova SAFAB, nei suoi confronti però è stata applicata una misura di prevenzione patrimoniale tale da indurre la medesima SAFAB a preannunciare la risoluzione del contratto e, come sopra riportato,era stato ritenuto titolare di “uno stabile rapporto… con la S.A.F.A.B.”, e di ciò, la memoria storica della nuova SAFAB, e cioè il dr. Mauceri, proprio in ragione della sua posizione, era di certo informata.

Il giudice di primo grado quindi, ribadito il principio del “tempus regit actum”, ha sostenuto che la “continuità” tra le due società colpite dalle informative antimafie e il ruolo intrecciato rivestito dai nominati non sono stati concretamente smentiti dalle argomentazioni svolte dalla SAFAB né da asseriti fatti o dedotti cambiamenti societari e organizzative intervenuti nel tempo.

Infine la risoluzione dei contratti di appalto, impugnati per invalidità derivata, era da considerarsi quale conseguenza dei contenuti vincolanti dell’informativa, insindacabili dalle stazione appaltanti, e quindi dell’adozione di provvedimenti altrettanto vincolati al giudizio circa il pericolo d’infiltrazione maturato dal Prefetto.

4. La SAFAB, con l’appello in epigrafe, ha lamentato più errores in iudicando della sentenza impugnata, plurime violazioni della normativa antimafia e vari profili sintomatici di eccesso di potere, riproponendo sostanzialmente i motivi già dedotti in primo grado.

Vengono così escluse la continuità e l’influenza delle posizioni dei nominati Mauceri e Tabellini in ragione delle cariche ricoperte, come si evidenzierebbe ancora dai chiarimenti e dalla documentazione in atti; le posizioni e le attività della Società Irrigazione Piana del Fucino e Mascitti sono inesistenti o di scarso rilievo; la posizione di Sandro Missuto non coinvolgerebbe affatto la SAFAB; l’ing. De Capoa, socio unico della MDC, che ha acquisito la nuova SAFAB, è stimato manager ma non aveva una struttura in grado da subentrare subito della stessa SAFAB.

Viene censurata nuovamente la mancanza di attualità dell’apprezzamento del Prefetto e si rinnovano le doglianze, per invalidità derivata, avverso le determinazioni di recesso e risoluzione assunte dalle stazioni appaltanti ritenute invece titolari di autonomo potere discrezionale di valutazione.

5. La Igm s.r.l. in amministrazione giudiziaria ha depositato atto di intervento ad adiuvandum datato 30 maggio 2011, sostenendo la propria legittimazione sia come impresa, in quanto monomandataria della SAFAB, che le ha subappaltato i lavori per la realizzazione dell’acquedotto di Montescuto Ovest già affidati alla Siciliacque e in atto sospesi ; sia quale amministrazione giudiziaria a tutela della legalità e contro ogni infiltrazione mafiosa.

Sottolinea varie inesattezze della sentenza e ridimensiona il ruolo lavorativo del Missuto, la cui attività è stata autorizzata dal GIP e ratificata dal Tribunale e non ha avuto modo di gestire in alcun modo la stessa IGM, per cui le possibili infiltrazioni non potevano che riferirsi al periodo precedente all’amministrazione giudiziaria, gestita ora da amministratore di fiducia del Tribunale di Caltanisetta, in via di assoluta discontinuità e nel rispetto doveroso delle norme.

La stessa A.G. ha autorizzato a diffidare la SAFAB e a comunicare alle prefetture che i lavori proseguissero regolarmente.

Chiede, pertanto, l’accoglimento dell’appello proposto dalla SAFAB.

6. Con memoria in data 1 giugno 2011 si è costituita la Siciliacque s.p.a., sostenendo la piena legittimità e la correttezza del proprio operato nella risoluzione del contratto di appalto, ai sensi della clausola di risoluzione espressa inserita, ai fini degli articolo 10 e 11 del D.lgs. 252/1998, nel contratto stesso, in applicazione della circolare 31 gennaio 2006 n. 593, con cui l’Assessorato regionale dei lavori pubblici ha dato attuazione al cd. protocollo di legalità “Carlo Alberto Dalla Chiesa”, altresì sottolineando di aver convenuto la nuova SAFAB dinanzi al Tribunale di Palermo per ottenere il risarcimento dei danni sopportati.

Chiede quindi il rigetto dell’appello.

7. Il Ministero dell’Interno, l’U.T.G. – Prefettura di Roma e l’ANAS s.p.a. si sono costituiti, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, con mero atto formale in data 6 giugno 2011.8.

8. Alla camera di consiglio del 10 giugno 2011, presenti le parti, relatore il consigliere Stelo, la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’articolo 60 c.p.a..

9.1. Ciò premesso in fatto, l’appello è infondato e va respinto, dovendosi ribadire le motivazioni poste a base della sentenza dei giudici di prime cure alle quali si fa richiamo, con riferimento anche alle estese argomentazioni svolte dal T.A.R. nella citata sentenza n. 348/2011.

Si premette sul piano generale che la materia di cui trattasi attiene all’applicazione dell’articolo 4 del D.lgs. n. 490/1994.

A tal riguardo occorre ricordare che l’articolo 4 del D.lgs. n. 490 del 1994 stabilisce che le pubbliche amministrazioni, gli enti, aziende, imprese vigilati dallo Stato o da altri enti pubblici, prima di procedere alla stipula, approvazione, autorizzazione di contratti o sub contratti, relativi ad appalti di lavori, servizi e forniture pari o superiore alla soglia comunitaria, di concessione di acque, beni demaniali, contributi pubblici, finanziamenti agevolati superiore a 300 milioni di lire, autorizzazioni di sub contratti, cessione e cottimi per lavori, servizi e forniture superiori a 300 milioni, devono acquisire un’apposita informativa, da rilasciarsi dalla prefettura della provincia di residenza della persona fisica o in cui ha sede la persona giuridica, riguardante “eventuali tentativi di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare le scelte degli indirizzi delle società o imprese interessate”.

Le modalità di acquisizione delle informative prefettizie da parte delle amministrazioni interessate sono disciplinate dagli articoli 10, 11 e 12 del D.P.R. n. 252 del 1998. In particolare l’articolo 10 citato, dopo aver disposto, al comma 6, che le informative possono essere richieste anche dai diretti interessati, precisa, al comma 7, che le situazioni relative agli tentativi di infiltrazione mafiosa sono desunte:

- dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluno dei delitti di cui agli articoli 629, 644, 648 bis, e 648 ter del codice penale, o dall’articolo 51, comma 3 bis, del codice di procedura penale;

- dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di cui agli articoli 2 bis, 2 ter, 3 bis e 3 quater della legge 31 maggio 1965, n. 575;

- dagli accertamenti disposti dal Prefetto anche avvalendosi dei poteri di investigazione che la legge attribuisce al Prefetto per esprimere le proprie valutazioni sulla base di un quadro indiziario nel quale assumono valore preponderante fatti e circostanze di varia natura, da prendere in considerazione non isolatamente, ma nella globalità.

9.2. La materia è stata quindi oggetto di più pronunciamenti giurisprudenziali, e la Sezione intende conformarsi agli orientamenti ormai consolidati e ribaditi da ultimo anche con proprie sentenze n. 2352 del 18 marzo 2011 e n. 3281 del 13 maggio 2011 e esposti puntualmente anche in sede di T.A.R.; gli stessi si sintetizzano come segue:

- l’informativa in questione, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste;

- l’insieme degli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione ad uno specifico quadro indiziario nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri;

- l’informativa non obbedisce a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale risultano rilevanti anche fatti e vicende solo sintomatiche o indiziarie, al di là della individuazione delle responsabilità penali;

- lo scrutinio demandato al giudice amministrativo deve essere condotto in sintonia al principio del “tempus regit actum”, posto che l’informativa “fotografa” la situazione corrente alla data della richiesta e all’adozione del relativo provvedimento;

- eventuali successive informazioni possono essere oggetto di successiva valutazione da parte del Prefetto, e cioè da utilizzare solo ove tale Autorità venga compulsata dalla (formale) richiesta di nuova certificazione antimafia e nell’ambito di un nuovo procedimento da ultimarsi con giudizio valutativo complessivo che, corroborato da eventuali altre risultanze investigative trasmesse agli Organi di polizia, può pervenire, o meno, a conclusioni analoghe a quelle rese con informativa.

10.1. Sulla base di tali premesse, il Collegio ritiene che nella fattispecie in esame la adozione della informativa nei confronti della società appellante sia senz’altro giustificata sulla base dei molteplici elementi indiziari richiamati nel provvedimento del Prefetto, e che nessuno dei rilievi anzidetti riveste consistenza tale da incidere sulla legittimità della informativa prefettizia, e ciò per le considerazioni che seguono.

10.2. in effetti non sussiste nella fattispecie alcun difetto di istruttoria e di motivazione, posto che la informativa di cui trattasi risulta ampiamente articolata e estesa, sorretta da elementi di valutazione puntuali e concreti, in premessa indicati, circa i collegamenti diretti e indiretti fra le varie società (S.A.F.A.B. – GESAFIN – SAFAB – MDC – IGM – Mascitti – Piana del Fucino) e persone (Mauceri - Masciotta- Missuto- Tabellini ) e, come argomentato dal T.A.R., nel complesso pertinenti e adeguati, quindi immuni da vizi di manifesta illogicità censurabili nel merito in questa sede.

Ne conseguono l’attualità e la permanenza della “gemmazione” della SAFAB dalla S.A.F.A.B. e del connesso pericolo di infiltrazione mafiosa, richiamando nuovamente al riguardo la citata sentenza del T.A.R. Lazio n. 3458/2011 su appello della S.A.F.A.B. , che ha avuto modo anch’essa di valutare estesamente tali collegamenti e condizionamenti.

10.3. Pertanto anche le dedotte circostanze sopravvenute agli atti impugnati, nel mentre non potevano influire, come giustamente sottolineato dal giudice di primo grado, al momento dell’adozione degli atti impugnati, per le considerazioni che precedono non hanno di per sé e in prospettiva una valenza particolarmente incisiva né demolitoria del quadro di condizionamento così come delineato dalla Prefettura anche in proiezione nel tempo.

Riguardo appunto all’attualità dell’informativa, si rammenta che la giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente posto in rilievo che l’informativa non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certo sull’esistenza della contiguità con organizzazioni malavitose e del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici ed indiziari da cui emergano gli elementi di pericolo di dette infiltrazioni mafiose.

Né ha rilievo la circostanza secondo cui alla impresa Mascitti sarebbero stati rilasciate certificazioni antimafia da parte della Camera di Commercio, posto che, come sottolineato dal T.A.R., si rilevano decisive invece le posizioni dell’amministratore unico e del presidente del collegio sindacale suindicate.

Ne consegue che le doglianze con le quali si imputa all’Autorità prefettizia di non aver tenuto conto di altre situazioni ed eventi che dimostrerebbero, in ultima analisi, la mancanza di condizionamenti da parte di organizzazioni criminali, non scalfiscono minimamente il quadro indiziario che è emerso dalla ponderosa istruttoria posta alla base della informativa, e che rende del tutto attendibili le conclusioni cui essa è pervenuta.

Il contesto all’esame si fonda su più elementi indiziari ed invero la informativa prefettizia non ha preteso di collocare la vicenda in un mero ambito di criminalità camorristica, bensì riportare alla attenzione i rapporti intercorsi e i condizionamenti fra i vari soggetti, società e persone, coinvolti nel caso di specie e indicati nell’informativa stessa.

11. La SAFAB ripropone sostanzialmente in questa sede le lamentele avverso i provvedimenti di revoca dell’aggiudicazione e di recesso dal contratto adottati dalle società in epigrafe indicate, in conseguenza delle informative prefettizie, che pur sono state oggetto di impugnativa in primo grado per illegittimità derivata e di specifico esame da parte del giudice di prime cure, in particolare nei riguardi di Siciliacque.

Purtuttavia, per completezza e chiarezza, nel confermare le argomentazioni del T.A.R., la Sezione intende qui ribadire l’orientamento del Consiglio, secondo cui, nel caso di specie, l’efficacia interdittiva proviene direttamente dalla valutazione del Prefetto, per cui alla stazione appaltante non sono riconosciuti né il potere discrezionale né l’onere di verificare la portata e i presupposti dell’informativa, posto che i citati provvedimenti derivano direttamente dall’atto prefettizio e sono vincolati al giudizio circa il pericolo di infiltrazione maturato dal Prefetto.

Nel caso specifico della Siciliacque, la società ha dato per di più attuazione a specifica previsione contrattuale.

12. Quanto all’intervento “ad adiuvandum” svolto dalla IGM in amministrazione giudiziaria, in quanto monomandataria e subappaltataria della SAFAB, a prescindere da profili ammissibilità, lo stesso segue le sorti dell’appello non adducendo peraltro alcun elemento o documento tale da disattendere le argomentazioni svolte dal T.A.R. né le considerazioni suesposte dal Collegio a suffragio dell’infondatezza dell’appello.

Si soggiunge che, come è superfluo evidenziare, non è stata posta qui in discussione né “sfiduciata” la gestione dell’amministrazione giudiziaria, che viene invece valutata dal Tribunale, sottolineando che il decreto di nomina dell’amministratore giudiziario affida allo stesso tutti i poteri di custodia, conservazione e amministrazione dei beni sequestrati anche nel corso degli eventuali contenziosi.

13. Conclusivamente, per le considerazioni che precedono, l’appello è infondato e va respinto.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 


 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi € 3.500,00, più i.v.a. e c.p.a. come per legge, dei quali quanto a € 2.000,00 ( duemila ) a beneficio della Siciliacque s.p.a. e quanto a 1.500,00 per la difesa delle resistenti Amministrazione dell’Interno, Anas s.p.a., U.T.G. – Prefettura di Roma.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere, Estensore

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

 

 

 

 

 

     
     

L'ESTENSORE

  IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/07/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



 

   

Autore / Fonte: www.giustizia.amministrativa.it - AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI) 


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