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21 FEBBRAIO 2012 - CONSIGLIO DI STATO TERZA SEZIONE NR.923 DEL 21 FEBBRAIO 2012

SANITA' - TETTI DI SPESA - REGIONE PUGLIA - CRITERI REGIONALI CHE IMPONGONO DISCRIMINAZIONI TRA LE STRUTTURE - NON COMPRIMONO IL DIRITTO ALAL LIBERA SCELTA DEL LUOGO DI CURA STANTE CHE L'ALLOCAZIONE OTTIMALE DELLE STRUTTURE NEL TERRITORIO RIENTRA TRA I POTERI PROGRAMMATORI DELLA REGIONE

SANITA' - TETTI DI SPESA - REGIONE PUGLIA - PREVISIONE RETORATTIVA DEL NUOVO BUDGET CON EFFETTI RETROATTIVI - LESIONE DELL'AFFIDAMENTO DEL PRIVATO - INSUSSISTENZA

 

 

N. 00923/2012REG.PROV.COLL.

N. 07345/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7345 del 2011, proposto da:
Regione Puglia, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Sabina Ornella di Lecce e Maria Grimaldi, con domicilio eletto presso la Delegazione della Regione Puglia in Roma, via Barberini n. 36;
con appello principale in forma incidentale proposto dalla
Azienda Sanitaria Locale della provincia di Bari, in persona del Commissario straordinario p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giovanna Corrente, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;

contro

S.r.l. Medica Sud, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Chiaia Noya e Adriano Garofalo, con domicilio eletto presso Paola Ambruosi in Roma, via Quintino Sella n. 41;

nei confronti di

Centro Studi Medici "Phisio In" S.r.l., non costituito;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la PUGLIA, Sede di Bari, Sezione III, n. 907 del 15 giugno 2011, resa tra le parti, concernente l’assegnazione dei tetti di spesa per l’anno 2010.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di appello principale in forma incidentale proposto dalla Azienda Sanitaria Locale della provincia di Bari;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di S.r.l. Medica Sud;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2011 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti gli avvocati Sabina Ornella di Lecce, Maria Grimaldi, Adriano Garofalo e Giovanna Corrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


 

FATTO e DIRITTO

1.- La società Medica Sud, provvisoriamente accreditata per la branca della Fisiokinesiterapia e medicina fisica, aveva impugnato davanti al T.A.R. per la Puglia la deliberazione della Giunta Regionale n. 1500 del 25 giugno 2010, recante modifiche ed integrazioni alla DGR 28 dicembre 2009, n. 2671, comprese le tabelle e le "griglie" allegate, nonché la deliberazione del Direttore Generale della ASL Bari n. 1799 del 30 settembre 2010, recante la determinazione ed i criteri di ripartizione per l'anno 2010 del fondo unico da destinare alla remunerazione delle prestazioni sanitarie erogate in regime ambulatoriale, dalle strutture provvisoriamente ed istituzionalmente accreditate insistenti nell'abito del territoriale della ASL per la branca della Fisiokinesiterapia e terapia fisica.

Con motivi aggiunti la società Medica Sud aveva impugnato anche il contratto per l’erogazione ed acquisto delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, sottoscritto con riserve in data 4 ottobre 2010, e domandava l’accertamento al T.A.R dei suoi diritti in sede di giurisdizione esclusiva.

La società ricorrente aveva contestato, tra l’altro, l’inosservanza sul piano procedimentale delle intese emerse in sede concertativa, lo stravolgimento da parte della Regione dei criteri desumibili dalla normativa statale e regionale, in materia di fissazione dei tetti di spesa, nonché degli accordi contrattuali, sia per aver introdotto un illegittimo criterio preferenziale territoriale per la determinazione del Fondo A, sia per la determinazione di griglie (per il restante Fondo B) con criteri qualitativi e quantitativi del tutto irrazionali ed illogici.

La ricorrente aveva inoltre contestato la deliberazione della ASL Bari n. 1799 del 30 settembre 2010 in riferimento alla remunerazione delle prestazioni oltre tetto.

2.- Il T.A.R. per la Puglia, con sentenza della Sede di Bari, Sezione III, n. 907 del 15 giugno 2011, ha preliminarmente respinto le eccezioni di inammissibilità del ricorso - sollevate dalla Regione Puglia in relazione alla mancata impugnazione delle deliberazioni di GR n. 1494 e n. 2671 del 2009 - avendo ritenuto che non erano state contestate le modalità di determinazione del tetto complessivo di spesa della branca ma erano stati censurati il modo ed i criteri con cui era stata disposta la ripartizione del budget tra le varie strutture, ed inoltre che i criteri indicati con la precedente deliberazione n. 2671 del 28 dicembre 2009 erano stati poi sostanzialmente modificati con l’impugnata deliberazione n. 1500 del 2010 che aveva dettato nuove griglie per l’assegnazione di un punteggio ai soggetti accreditati.

3.- Nel merito il T.A.R. di Bari ha poi accolto il ricorso, avendo ritenuto:

A) che l’istituzione di un fondo aziendale che “si attesta, nella sua determinazione, prevalentemente, sulla allocazione delle risorse nell’ambito territoriale, elevando quest’ultimo a componente essenziale del sistema di ripartizione delle risorse” costituisce una violazione dei principi cardine di appropriatezza delle prestazioni e di accrescimento degli standards qualitativi, sanciti dall’art 8-quinquies del D. Lgs. 502/92; che “la ripartizione di un fondo aziendale in sub fondi aventi come punti di riferimento il distretto inteso come valutazione delle potenzialità di tutte le strutture pubbliche e private accreditate in quel territorio, toglie effetto al principio statale che esige la valutazione della rispondenza delle strutture al fabbisogno tenendo conto anche del criterio della soglia minima di efficienza che deve essere conseguita da parte delle singole strutture sanitarie in modo da assicurare una efficace competizione tra strutture accreditate”; che “la scelta di privilegiare le strutture di un determinato distretto comprime il c.d. diritto alla libera scelta del luogo di cura, che ex art 6 c.6 l.724/94 deve essere esercitato ‘nei confronti di tutte le strutture ed i professionisti accreditati dal SSN’ e non limitato all’interno delle strutture localizzate nel distretto”;

B) che risultavano parzialmente fondate le doglianze dedotte (anche) in riferimento al fondo B del fondo unico aziendale, “dal momento che alcuni dei punteggi derivanti dall’applicazione delle griglie manifestano elementi di irragionevolezza e sviamento rispetto alle finalità perseguite”, con particolare riferimento “ai 2 punti in più assegnati nel caso in cui le strutture siano localizzate al piano terra rispetto a strutture alloggiate al primo piano dotate di tutti i requisiti di funzionalità e superamento delle barriere architettoniche, oppure agli 8 punti (lettera G delle griglie) concessi a struttura di oltre 500 mq rispetto a struttura di 299 mq ubicata in ambiente riscaldato e climatizzato con sale di attesa attrezzate di bagno per portatori di handicap”;

C) che risultava parzialmente fondata anche la censura di violazione dell’affidamento del privato in ordine alla prevista retroattività del nuovo sistema “dal momento che la somma spettante secondo gli innovativi e controversi criteri contenuti nella DGR 1550 del 30 settembre 2010 come applicati con la deliberazione ASL 1799/2010, risulta drasticamente decurtata nei confronti della ricorrente ad anno abbondantemente in corso, senza che possa essere negata la lesione dell’affidamento, avendo prima la Regione (con DGR 1494/09) solamente stabilito in via del tutto provvisoria i predetti criteri poi in parte applicati con la DGR 2671/09, disattendendo tra l’altro le stesse intese con le organizzazioni di categoria”, con la conseguenza “che in relazione all’indubbia novità del nuovo sistema introdotto per la determinazione del budget aziendale, la Regione poteva al più farne applicazione soltanto a partire dalla comunicazione del tetto definitivo per il 2010 per i restanti mesi dell’anno, e non già retroattivamente per il periodo gennaio-settembre, con conseguente illegittimità dei provvedimenti impugnati anche sotto tal profilo”;

D) che risultava fondata, in relazione all’impugnativa della nota della ASL n. 1799 del 2010, la censura inerente la violazione dell’art 18 comma 2 della l.r. n. 26 del 2006, (che doveva ritenersi applicabile non essendo entrato ancora in vigore l’art. 3, comma 2, della l.r. n. 12 del 2010) in quanto “al momento della emanazione della deliberazione ASL 1799/2010 le prestazioni erogate extra tetto dovevano essere remunerate nelle percentuali definite dalla GR a seguito dell’individuazione dei costi marginali effettuata d’intesa con le organizzazioni regionali rappresentative” mentre era “improprio il richiamo ad una disposizione di legge (l.r. 12/2010 pubblicata sul BURP n. 149 del 27 settembre 2010) non ancora entrata in vigore, secondo le disposizioni di cui all’art 53 l.r. 7/2004, che prevedono una vacatio legis di 15 giorni dalla predetta pubblicazione”.

Il T.A.R. di Bari ha poi ritenuto caducato l’accordo contrattuale sottoscritto fra le parti il 4 ottobre 2010 ed ha ritenuto che l’illegittimità del nuovo sistema di determinazione del fondo aziendale per l’anno 2010 obbligava l’amministrazione sanitaria a riconoscere alla ricorrente un tetto congruo con riferimento alla disciplina risultante dalla DGR 1494/2009. Ha infine respinto la domanda di risarcimento dei danni avanzata dalla parte.

4.- La Regione Puglia ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sia per aver respinto le eccezioni di inammissibilità sia nel merito.

Ha proposto appello principale, in forma incidentale, anche l‘Azienda Sanitaria Locale della provincia di Bari.

All’appello si oppone la società Medica Sud che ha anche sollevato l’eccezione di inammissibilità dell’appello per carenza di interesse per essersi formato il giudicato su un capo della sentenza (punto 4 della motivazione).

5.- Al riguardo si deve partire con il ricordare che la Regione Puglia, facendo seguito alle delibere di G.R. n. 1494 e n. 2671 del 2009, con delibera della Giunta n. 1500 del giugno 2010 aveva stabilito i tetti di spesa per l’anno 2010 delle strutture accreditate, facendo applicazione di modalità innovative rispetto alle precedenti determinazioni che si fondavano essenzialmente sulla rilevazione dei costi storici e con l’applicazione di percentuali di riduzione calcolate sulla base delle risorse complessivamente disponibili.

In particolare l’allegato A della delibera n. 1500 del 2010 ha suddiviso il fondo unico aziendale in 5 sub-fondi di branca e poi ha ulteriormente diviso le relative disponibilità in due parti uguali (fondi A e B), ad eccezione della Patologia clinica.

Con il fondo A) sono state assegnate le risorse in base alla “valutazione della potenzialità del distretto”, calcolata sulla base della spesa sostenuta con riferimento alla popolazione residente e alle prestazioni richieste e aggregando le prestazioni omogenee, per poi operarne la redistribuzione pro quota a ciascun Comune del distretto e in favore delle strutture ivi insediate ovvero, in mancanza, insistenti nel Comune vicino.

Il fondo B) è stato invece ripartito in base ad apposite griglie di valutazione che hanno previsto l’assegnazione di un punteggio ai soggetti accreditati tenendo conto di molteplici fattori qualitativi come dotazioni; unità di personale e tipologia del rapporto di lavoro; collegamento al CUP; accessibilità della struttura; correttezza del rapporto con l’utenza; rispetto degli istituti contrattuali; ulteriori standard finalizzati all’accoglienza, quali sale d’attesa, biglietto elimina code, riscaldamento e climatizzazione, apertura al sabato e misura degli spazi.

6.- Ciò premesso, deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla società Medica Sud che sostiene essersi formato il giudicato su un capo della sentenza (punto 4 della motivazione), nel quale il T.A.R. aveva accolto il motivo di violazione dell’art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994.

L’eccezione deve essere respinta.

La Regione Puglia e l’Asl di Bari hanno infatti chiaramente censurato nei loro appelli anche quella parte della sentenza del T.A.R. che, con riferimento al criterio di utilizzazione del Fondo A, ha ritenuto che la scelta di valorizzare l’ambito territoriale costituito dal distretto comprimesse il diritto alla libera scelta del luogo di cura, e quindi evidentemente anche l’affermata violazione, per tale profilo, dell’art 6, comma 6 della legge n. 724 del 1994.

7.- Passando all’esame del merito, ritiene la Sezione che le conclusioni cui è pervenuto il T.A.R., analiticamente contestate con l’appello principale della Regione e con l’appello incidentale dell’Azienda Sanitaria, non possano essere condivise. Si può prescindere, pertanto, dall’esame analitico delle eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso di primo grado, per l’omessa impugnazione dei provvedimenti regionali presupposti e successivi, e di nullità della sentenza impugnata per extrapetizione.

8.- La decisione di accoglimento impugnata si basa, essenzialmente, su quattro argomenti:

- l’asserita violazione del percorso istruttorio e procedimentale che conduce alla assegnazione dei tetti di spesa, derivante dall’assenza di una valutazione sulla appropriatezza delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie private;

- il difetto di motivazione e l’illogicità dei criteri in concreto adottati dalla Regione, anche con riguardo alla eccessiva rilevanza del criterio territoriale, comportante la lesione del principio di libera scelta della struttura sanitaria da parte dell’assistito;

- la violazione del principio di affidamento, con riferimento alla retroattività della disposta fissazione dei tetti di spesa;

- l’illegittimo richiamo ad una disciplina riguardante i criteri di remunerazione delle prestazioni “extra tetto” non ancora entrata in vigore al momento di adozione degli atti impugnati.

9.- Nessuno degli argomenti esposti dal T.A.R. risulta tuttavia condivisibile.

Per quanto riguarda il primo profilo, si deve osservare che, nel suo complesso, il procedimento seguito dall’amministrazione risulta pienamente rispettoso della normativa regionale e statale in materia e non ha comportato alcuna sottovalutazione dell’esame dell’appropriatezza delle strutture sanitarie private.

9.1.- L’iter procedimentale seguito dalla Regione Puglia ha rispettato infatti puntualmente tutte le prescrizioni normative in materia, con particolare riguardo allo svolgimento delle consultazioni con le associazioni rappresentative degli operatori interessati, in appositi tavoli di confronto.

La partecipazione delle associazioni di categoria è stata, in particolare, assicurata in un momento nel quale essa ha potuto esplicarsi in maniera fattiva ed ha avuto come base di discussione il testo provvisorio dei criteri predisposto dall’amministrazione regionale.

Del resto, proprio l’affermazione contenuta nella premessa della deliberazione n. 1500 (ove è dato atto che i nuovi criteri sono stati rielaborati “alla luce di quanto emerso dai suddetti tavoli”) dà conto della concrete misura della partecipazione delle associazioni interessate.

Mentre non può sostenersi che tutte le richieste delle organizzazioni sindacali dovessero essere necessariamente recepite.

9.2.- Non emerge nemmeno il denunciato difetto di istruttoria, riferita, in particolare, alla prospettata mancanza di valutazione della appropriatezza delle strutture private. Viceversa, l’esame dei diversi e complessi profili implicati nella decisione di determinazione dei “tetti di spesa” risulta effettuato in modo approfondito e completo.

Né può condividersi la tesi, implicita nel ragionamento del T.A.R., secondo cui la valutazione di appropriatezza comporterebbe la necessità di ancorare la fissazione dei tetti di spesa, in modo preponderante, alle prestazioni svolte nell’anno precedente.

E non è nemmeno esatta l’affermazione secondo cui la determinazione regionale avrebbe determinato una acritica conferma degli accreditamenti provvisori degli anni precedenti, poiché, al contrario, la scelta compiuta si è basata su un’ampia considerazione dei molteplici aspetti coinvolti nella organizzazione dei servizi sanitari della Regione (e dello stato dei diversi accreditamenti).

9.3.- Non potrebbe poi comunque sussistere il lamentato vizio motivazionale, trattandosi di atti a contenuto generale (art. 3, secondo comma, l. 241/90), esclusi dall’applicazione dell’obbligo di motivazione. Anche la prevista decurtazione del tetto aziendale del 2% non richiede motivazione ed è legittimamente preordinata alla primaria esigenza della progressiva riduzione della spesa sanitaria.

9.4.- Va aggiunto che la fissazione del budget non esige l’assenso degli interessati, in considerazione della sua natura autoritativa, né è subordinata al completamento delle procedure di accreditamento definitivo (nella cui attesa i soggetti contrattualizzati opererebbero senza un tetto assegnato).

In sintesi, quindi, le scelte compiute dalla Regione non si pongono in contrasto con i principi statali in materia, richiamati dalla impugnata sentenza.

10.- La decisione appellata non è condivisibile nemmeno nella parte in cui ha affermato l’irragionevolezza dei criteri adottati dalla Regione, aderendo alla tesi della parte ricorrente secondo cui la distribuzione delle risorse valorizza l’ambito territoriale costituito dal distretto, ancorché ciò possa comportare il livellamento verso il basso della qualità delle prestazioni a discapito dello stesso principio di libera scelta dell’utente, indotto a prescegliere non più la struttura migliore bensì quella più vicina.

La scelta compiuta dalla Regione Puglia deve ritenersi invece adeguata in modo puntuale alla disposizione contenuta nell’art. 18 della legge regionale 9 agosto 2006, n. 26 (“Accordi contrattuali con le strutture specialistiche”), secondo il quale: “In sede di stipula degli accordi regionali sulle modalità e limiti di remunerazione delle prestazioni per le strutture sanitarie transitoriamente o istituzionalmente accreditate, la Giunta regionale provvede ad aggiornare e rendere attuali le modalità di calcolo, superando il riferimento all’anno 1998, tenendo conto della presenza di nuovi soggetti accreditati, della valorizzazione delle attività territoriali, delle prestazioni introdotte nel nomenclatore dopo il 1998, della reale capacità erogativa delle strutture nonché degli obiettivi di appropriatezza e governo della domanda”.

La disciplina regionale prevede quindi espressamente l’abbandono del criterio in precedenza seguito per l’assegnazione dei tetti di spesa individuali, fondato sulla remunerazione delle strutture private in base al valore delle prestazioni erogate nell’anno precedente (c.d. “dato storico”), e il superamento del riferimento all’anno 1998. Con l’obiettivo di ripartire la spesa sanitaria secondo altri criteri, dettati dall’esigenza di consentire – con pari opportunità – l’accesso ai fondi ai nuovi soggetti accreditati, dal bisogno di elevare la misura delle prestazioni rese nei distinti ambiti territoriali, superando la concentrazione verso le strutture allocate nei grossi centri, tenendo conto della reale capacità erogativa delle strutture nonché degli obiettivi di appropriatezza e di governo della domanda.

Dai criteri in concreto adottati dalla Regione, che si sono già ricordati, non emerge quindi alcun contrasto con la normativa regionale e con i principi espressi dalla legislazione statale.

11.- Deve poi aggiungersi che la scelta regionale è, comunque, connotata da ampi margini di discrezionalità e non risulta frutto di una scelta arbitraria, ma è coerente con le prescrizioni del legislatore regionale, senza disconoscere l’incidenza che la qualificazione delle strutture e la loro capacità può assumere nel conseguimento del tetto di remunerazione.

E l’allocazione delle risorse tenendo conto dell’ambito territoriale non può considerarsi irragionevole perché costituisce una scelta volta a rendere più agevole la risposta alle esigenze dell’utenza, consentendo nello stesso tempo lo sviluppo di nuovi ed adeguati operatori.

Mentre tale scelta non comprime il diritto del cittadino alla libera scelta dell’operatore al quale rivolgersi se non nei limiti che sono dettati dalla necessaria previsione di budget per le singole strutture determinati dalla prioritaria esigenza di contenere la spesa sanitaria e di assicurare il rispetto del relativo budget complessivo.

12.- La decisione regionale tiene conto, altresì, del parere espresso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, con nota AS451 del 2/5/2008, aveva auspicato il superamento del sistema di ripartizione del fondo tra i laboratori di analisi basato sul fatturato realizzato nell’anno 1998.

13.- Per quanto riguarda l’assegnazione del fondo B, si deve ritenere che il punteggio conseguibile attraverso le griglie di valutazione predisposte dalla Regione sia idoneo a far attribuire un maggior livello di remunerazione al soggetto che si dimostri maggiormente capace. I punti assegnati sono infatti, nel complesso, proporzionati ad elementi di obiettiva diversa valenza, tutti idonei a differenziare le qualità delle prestazioni erogate.

In questo senso, non sono condivisibili le affermazioni contenute nella sentenza del T.A.R. di Bari, che cita alcuni profili delle griglie, idonei, a suo dire, ad introdurre discriminazioni non giustificate tra le strutture.

Si tratta, semmai, di criteri volti a meglio distinguere l’effettivo grado di appropriatezza delle strutture private.

I criteri stabiliti dalle griglie di valutazione attengono comunque a dati oggettivi comuni a ogni struttura: dotazioni tecnologiche, numero e tipologia dei dipendenti, collegamento al CUP, collocazione, reclami pervenuti all’ASL o alla Regione, vertenze sindacali, misura degli spazi.

14.- Deve essere esclusa poi anche una possibile violazione dell’art. 12 della legge n. 241/90, poiché la formulazione dei criteri non risulta immotivatamente orientata verso specifici operatori.

Né risulta condivisibile l’affermazione secondo cui i criteri regionali comprimerebbero il diritto alla libera scelta del luogo di cura, dal momento che l’allocazione ottimale delle strutture sanitarie nel territorio costituisce uno dei poteri programmatori tipici dell’amministrazione sanitaria regionale, coerenti, del resto con i principi statali in materia, che valorizzano la dimensione territoriale del distretto socio sanitario. La decisione regionale, peraltro, non impedisce al soggetto interessato di esercitare il proprio diritto, ma solo determina i limiti di remunerazione per ciascuna delle strutture private.

15.- La sentenza appellata non può essere condivisa nemmeno nella parte in cui ha ritenuto fondata la censura di violazione dell’affidamento del privato in ordine alla prevista retroattività dei nuovi criteri.

Secondo la parte ricorrente in primo grado, la struttura accreditata doveva poter confidare su un budget sostanzialmente pari a quello dell’anno precedente mentre era avvenuto che, nell’ultima parte dell’anno, era stato assegnato un tetto di spesa notevolmente inferiore a quello dell’anno precedente, già ampiamente superato al momento della comunicazione del nuovo tetto.

Sul punto si deve ricordare che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione n. 8 del 2 maggio 2006, ha ammesso che i tetti di spesa possano essere determinati con effetti retroattivi, escludendo la rilevanza assoluta dell’affidamento del privato che, nelle more della comunicazione del budget, può avere riguardo alle somme assegnate per l’anno precedente, diminuite del risparmio di spesa imposto dalle leggi finanziarie.

Il principio dell’ammissibilità dell’effetto retroattivo della determinazione del budget deve essere senz’altro confermato nella fattispecie, tenuto anche conto del complesso iter che ha portato alla determinazione dei nuovi criteri per la determinazione dei tetti di spesa e poi alla concreta determinazione di tali tetti.

15.1 - Né appare convincente la tesi secondo cui sarebbe stato necessario un “correttivo”, legato alla “assoluta novità” nella composizione del nuovo tetto di spesa.

Si deve peraltro rilevare che, comunque, nel caso di specie, per i primi mesi del 2010 la remunerazione delle prestazioni è stata garantita, con un correttivo, secondo i criteri di calcolo relativi al 2009 (fatti salvi gli effetti della generale riduzione del fondo aziendale) mentre i nuovi criteri sono stati integralmente applicati solo per gli ultimi mesi dell’anno 2010.

Non può dirsi quindi trascurata la valutazione degli effetti dell’introduzione del nuovo sistema sugli interessi del privato.

Inoltre, come si è già ricordato, il percorso che ha condotto alla definitiva elaborazione dei criteri risulta contrassegnato da successive tappe conosciute dagli interessati, avendo la Regione dapprima posto criteri provvisori (delibera n. 1494/09), poi stabilitone l’applicazione dal 2010 (delibera n. 2671/09), quindi invitato a soprassedere alla stipula degli accordi (nota del 5/3/2010) e, infine, approvato i criteri definitivi dopo la consultazione delle associazioni di categoria (delibera n. 1500/10).

16.- Non è infine condivisibile l’appellata sentenza nemmeno laddove ha ritenuto fondata la censura, articolata in primo grado, relativa alla prescrizione del divieto di erogare prestazioni oltre il tetto massimo assegnato.

Infatti, la determinazione regionale si è limitata a richiamare i contenuti della norma regionale all’epoca in corso di approvazione, qualificandola “in linea con le prescrizioni di cui all’articolo 8 quinquies del decreto legislativo n. 502/1992, così come integrato dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

In questa prospettiva, non assume quindi rilievo il principio tempus regit actum, poiché il provvedimento regionale opera, comunque, un rinvio recettizio all’atto normativo in itinere.

E, in ogni caso, la l.r. 12 del 2010, entrata in vigore pochi giorni dopo l’adozione dell’atto regionale e già pubblicata in tale epoca, era necessariamente destinata a riflettersi anche sui rapporti giuridici in atto, vietando la remunerazione delle prestazioni erogate oltre il tetto previsto.

Si deve poi aggiungere che la regola della non remunerabilità delle prestazioni al di fuori del tetto di spesa era comunque già rinvenibile nella legge regionale 2 luglio 2008, n. 19.

17.- In conclusione l’appello principale della Regione Puglia, nonché l’appello principale in forma incidentale della ASL di Bari devono essere accolti.

In conseguenza la sentenza appellata deve essere riformata e il ricorso di primo grado deve essere integralmente respinto.

Le spese dei due gradi di giudizio possono compensarsi fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l'effetto, annulla la sentenza del T.A.R. per la PUGLIA, Sede di Bari, Sezione III, n. 907 del 15 giugno 2011, e respinge il ricorso di primo grado.

Dispone la compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Marco Lipari, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

 

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/02/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 
 

 

Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI)   

 

 


Autore / Fonte: WWW.GIUSTIZIA-AMMINISTRATIVA.IT

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